14 settembre 2017– 1a tappa – km27,60 – d+ 938
Una data che, per tredici “avventurosi” del Gruppo Podistico della Fratellanza Popolare di Grassina, rimarrà impressa nella memoria per un bel po’ di tempo.
L’idea, nata da una corsa ultratrail organizzata da un gruppo di Bologna, era quella di percorrere il sentiero della “via degli Dei”, da Bologna a Firenze, sulla vecchia via Flaminia.
Inutile soffermarsi sui preparativi prima della partenza; la scelta dei materiali, i dubbi su cosa portarsi dietro, il peso dello zaino da non superare (il primato dello zaino superleggero è della nostra Presidenta grazie allo stratagemma dei leggerissimi slip di carta) le scarpe da usare e tanti altri dubbi che hanno attanagliato ognuno di noi prima di iniziare quest’avventura.
E il giorno della partenza è arrivato con il gruppo che si è ritrovato sul 32 destinazione Piazza S. Marco, ancor prima che sorga il sole.
Si comincia a camminare per raggiungere piazza stazione ma questi chilometri non contano, ben altri son quelli che desideriamo fare.
Una sfrecciata sotto le gallerie dell’ Appennino e poco dopo le 8 siamo già in……
pasticceria a Bologna a far colazione.
Ma ora si fa sul serio e si affronta la salita al santuario di S. Luca belli baldanzosi; probabilmente son le “bischerate” che si susseguono ma passiamo sotto le 666 arcate del porticato che quasi non ce ne accorigaimo. Breve sosta
per ammirare il panorama e giù verso il parco Talon e Casalecchio sul Reno.
Si tratta ora di percorre i circa sette chilometri sulla riva del Reno; un sentiero stretto tra arbusti e alberi che ogni tanto ci lasciana intravedere il fiume finchè non lasciamo il folto della vegetazione e ci ritroviamo sotto i calanchi arrivando poi al cippo che ricorda l’eccidio di Rio Conco.
Al ponte di Vizzano le gambe richiedono carburante; ci dobbiamo fermare per pranzo ma a Bologna non ci siamo presi i panini e, quindi, dobbiamo deviare verso Sasso Marconi dove troviamo, fatti un paio di chilometri, un alimentari che sta per chiudere. Appena in tempo!!!!
Riprendiamo il cammino e siamo ai piedi del contrafforte pliocenico dove iniziamo a salire verso la nostra prima meta: il b/b Nova Arbora, deliziosa struttura circondata da un giardino botanico in mezzo al bosco.
Il racconto della cena viene direttamente dalla bocca della nostra Presidenta; “deliziosi crostoni al pesto e alla crema di cipolle, un’amatriciana da fine del mondo e tre polpettine agli aromi con contorno di insalata mista con fiori edibili”. DA RICORDARE!!!!!!!
15 settembre – 2a tappa – km 40,10 – d+ 1956
I chilometri da fare oggi sono tanti, una quarantina, e partiamo appena giorno dopo la foto di rito davanti al b/b. Il tempo sembra promettere bene e ci avviamo verso Brento e verso la salita sul primo “Dio” ; Monte Adone, che dobbiamo aggirare per mancanza di tempo (non possiamo aggiungere alla camminata di oggi le due ore necessarie a salire in cima. Sarà la scusa per tornare su questi monti).
Attraversiamo Monzuno (dovrebbe essere il secondo “Dio”, anzi Dea in quanto sembra che il nome derivi da Mons Iunonis – Giunone ) dove acquistiamo le provviste per il pranzo.
Ora tocca ad un’altra Dea; il monte Venere per poi salire sul monte Galletto passando sotto l’impianto eolico e ridiscendere quindi a Madonna dei Fornelli.
Siamo tornati in mezzo alla vita e ci concediamo una sosta al primo bar che incontriamo per un caffè (qualcuno ne approfitta per bersi anche un “ponce”.
Andiamo perchè c’è ancora da sgambettare e da salire.!!!
Ci aspetta infatti Monte Cucchi con i suoi 1150 metri di altezza ed è oggi che calpesteremo i sassi della vecchia via Flaminiaoltre che attraversare il confine tra Emilia e Toscana.
Camminiamo tra abeti secolari fino ad arrivare a qualla che è la vetta più alta di tutto il cammino degli Dei; la cima delle Banditacce che svetta con i suoi oltre 1200 metri di altezza sul livello del mare.
La discesa verso la Traversa è fatta in mezzo a folti boschi di faggi e arrivati quasi in fondo un dubbio tremendo: a destra o a sinistra?.
Tutti e due i sentieri portano alla Traversa ma cerchiamo di acchiappare quallo più corto e quindi giriamo a sinistra (probabilmente il più corto era quello che andava a destra).
Davanti all’Albergo dove pernotteremo qualcuno che sul Garmin vede km. 39,600 va avanti e indietro finché non scattano i 40 Km. (oltre 1500 di dislivello positivo).
Sulla cena di stasera nessuno ha da ridire; grande abbuffata e continue sbuffate notturne.
16 settembre – 3a tappa – km 25,40 – d+ 692
Oggi i chilometri da fare sono meno e, soprattutto, gran parte della strada è a favore, quindi ce la prendiamo comoda anche perché il meteo mette brutto fino a tarda mattinata.
La signora Elvira, dell’albergo dove abbiamo pernottato, ricorderà per un pezzo un podista di Grassina che la seguiva passo, passo chiedendo: “dove posso trovare una stanza dove stendere i panni ad asciugare??”
Prima di affrontare la salita sul monte Gazzaro è d’obbligo la visita al cimitero dei soldati tedeschi dell’ultima guerra.
La salita al monte Gazzaro, e soprattutto la discesa, presenta qualche difficoltà (il segnavia indica che è solo per EE escursionistri esperti) e quindi il gruppo si divide; alcuni preferisco aggirarlo senza avere problemi.
Noi saliamo ed è un gran bel percorso con solo una pecca; la nebbia che, in cima alla croce, non ci permette nessuna visuale. La difficoltà arriva nello
scendere su un sentiero di fango e ghiaioni dove neanche la presenza delle corde evita di fare qualche ruzzolone. Personalmente ne ho fatti un paio!
Ci ritroviamo in località “osteria bruciata” così chiamata perché, come ci ha detto l’oste la sera prima, qui esisteva un’osteria che aveva l’abitudine, un paio di secoli fa, quando c’era carenza di materiale, di cucinare anche qualche ospite più in carne. Per questo fu data alle fiamme.
Si tratta, ora, veramente di andare in discesa; lasciamo Sant’Agata sulla nostra sinistra e poi Gabbiano e gli ultimi cinque chilometri ci portano a San Piero a Sieve.
Si chiude la giornata con 26 km e quasi 700 metri di dislivello positivo (oh non doveva esser tutta discesa!!!!).
Il pernottamento di San Piero a Sieve si descrive con due sole parole: “un incubo”.
La lauta cena al Bonaugoha innestato il turbo ai russatori abituali che, sommato al fatto di camerine con 5 e 6 posti ha fatto passare a qualcuno la notte in bianco.
17 settembre – 4a tappa – km 43,1 – d+ 1452
Ed eccoci all’ultima tappa, pesante come la seconda. Dovremo, anche oggi, fare una quarantina di chilometri con un dislivello di circa 1400 metri.
Partiamo subito in salita verso il castello del Trebbio per poi scendere velocemente al borghetto di Tagliaferro. Da qui iniziamo a salire nel bosco superando un dislivello importante fino all’Abbazia del Buonsollazzo dove non può mancare la foto di gruppo con, sullo sfondo, l’Abbazia.
Prima di partire la domanda di rito, che sin dal primo giorno ci assilla: “Fausto quanto manca??? Quattro chilometri!”
Ed ora non si scherza più; la salita verso Montesenario è bella ripida e a peggiorare tutto c’è il temporale che si avvicina. Cielo sempre più nero, tuoni
sempre più ravvicinati finché non comincia a piovere a dirotto, anzi a grandinare con chicchi grossi come confetti. Continuiamo imperterriti coperti con le nostre mantelle e sembriamo strane figure che sbucano dalla nebbia e dalla grandine.
Arriviamo al Monastero di Montesenario che non siamo neanche troppo bagnati, le mantelle hanno funzionato bene ma ancor meglio funzionano i panini e i bicchieri di vino che ci servono al ristoro del pellegrino.
Sentiamo odore di casa e nonostante che ci sia ancora da salire andiamo che è una meraviglia. Superiamo Poggio Pratone, sopra Fiesole, che sembriamo unti e giù verso Settignano. Arrivare all’Arno è un baleno e al di la del fiume i parenti e gli amici ad aspettarci ci danno la carica per arrivare fino alla scalinata del nostro Comune dove non resta che brindare all’avventura compiuta.
Giancarlo